Ucraina 16\17 Agosto 2011: a Lviv, poi impianti chimici, petrolio e pozzi minerari

16 Agosto: giornata di trasferimento cittadino.

Al mattino ulteriori panorami urbani della periferia riempirono le ore di attesa per l’autista, col quale si doveva far ritorno all’appartamento di Lviv. In mezzo a piccoli mercatini svettava imponente il centro commerciale  in crudo cemento armato.

Lviv è una piccola città, con un centro storico tutelato dall’UNESCO, e con interessanti locali a tema di cui facemmo la prima interessante scoperta. Al suo interno ci sono molti riferimenti storici all’attività mineraria di Borislav, una località che era nel programma e di imminente realizzazione. Una sorta di birreria museo.

Poco rimane da dire, diventerebbe una guida turistica, mentre Derelicta.net tratta di ciò che sulle guide turistiche normalmente è del tutto ignorato.
La sera, volendo esagerare, si scelse un ristorante di buon livello, di quelli che nel nostro paese, entrando, ci si deve assicurare di avere la carta di credito con sé. Il conto fu esoso per la media Ucraina, 400Hrv (36€ per due), e la pancia pienamente soddisfatta.

17 Agosto: le raffinerie, i pozzi a Borislav e le miniere di potassio

Viaggiando verso Ovest la condizione stradale migliorava, quella metereologica confermava caldo e l’umidità. Da  una curva appariva  il profilo industriale di Drohovic.
Fu un nuovo fallimento, che  segnava la prima fermata di fronte ad una fabbrica di lubrificanti , in cui l’attività produttiva è cessata ma la presenza umana mantiene una regolarità, per ragioni non identificate, che non permise di varcare i cancelli nemmeno di pochi millimetri.

Si provò prima  alla periferia di Borislav, per  un paio di pozzi minerari, in cui si estraeva ozocerite, un minerale  ceroso derivato dal petrolio. Elementi di contorno rispetto a ciò di cui si andava  cercando, soprattutto avendo volato così lontano dalle nostre  case.

Ci si diresse verso il centro di Borislav, per alcuni pozzi di estrazione del petrolio installati all’interno del giardino pubblico, un paesaggio industriale dai tratti certamente insoliti, ma per condizioni ambientali, e probabilmente psicologiche per i continui imprevisti, non destò particolare impressione.

Un ulteriore tentativo di visita ad una fabbrica di vernici, molto interessante vista dal perimetro, andò ad arricchire l’elenco delle rinunce forzate. Malgrado la mediazione dell’accompagnatore, la guardia non ne volle sapere di fotografie, e la mostra del nostro prezioso libro personale creato appositamente per il viaggio, dal titolo “Industrial photography”, non sortì effetto alcuno.

Un’altra giornata volgeva al termine.  Si volle chiudere con i pozzi minerari del potassio a Stepnick.
Il primo impianto presentava semplici fabbricati attorno ad un pozzo tra i tanti visti nell’intera Europa. La sala argani ben chiusa rese il giro una passeggiata nell’erba.

Poco oltre una roulotte nascondeva all’interno una donna che tranquillamente ci indirizzò oltre la ferrovia per trovare il successivo impianto.
Di dimensioni maggiori questo versava però in condizioni peggiori del precedente. Uno scenario che rimanda a bombardamenti della seconda guerra mondiale aveva come unici attori noi che cercavamo punti di suggestione, in mezzo a cumuli di mattoni, pietre, qualche rottame arrugginito, una ciminiera, un hangar in legno per metà devastato dalla forza del Tempo, e l’immancabile pozzo di estrazione.

Ci era nota la presenza di una sala argani custodita ed in buono stato, con una guardiana già vista su un’articolo visualizzato in Rete. Da lontano alcuni anziani personaggi ci avevano individuato, senza muoversi da una panchina. Ci avvicinammo, trovando quindi la sala argani, e da lontano alcune luci accese su un pannello di controllo lo resero interessante alla vista. Restò l’unica immagine di quel luogo, mai fissatasi su supporti digitali. Saputo infatti dei due italiani in visita per fotografare edifici di tale natura, ci fu lasciato intendere con le buone maniere il loro rifiuto per scattare anche la più misera delle fotografie possibili. Uno di loro, riconosciuta persino una miniera presente nel nostro book, ed in relazione lontana con la storia del luogo, non si fece convincere troppo, manifestando una inquietante predisposizione post sovietica, e stimolato dalla parola hobby il suo cervello riusci a cogliere l’incomprensibile analogia con “alibi”.
Certi dell’impossibilità di procedere lungo un percorso di incomunicabilità, mediata dall’accompagnatore ucraino, per ragioni essenzialmente cultuali, riprendemmo la via della ferrovia attiva per ripartire verso una foto di paesaggio minerario poco distante, per altri pozzi solo dalla distanza, appartenenti ad  un impianto di produzione di fertilizzanti di potassio.

Quindi vi fu il ritorno a Lviv, non senza aver  osservato lungo la strada  altre carovane  di vita  quotidiana.

Segue: Novoyavorivsk, scavatori e  laveria