La Fabbrica Ritrovata – @ Teatro Nuovo – Gallarate (VA) 24/02/09

Incontriamoci a Teatro è una rassegna partita il 13 Gennaio 2009 e curata dal CRT (Centro Ricerche Teatrali). La fabbrica ritrovata è il secondo spettacolo proposto che ha avuto luogo nella serata di martedì 24 Febbraio 2009 presso il Teatro Nuovo di Gallarate.
La rassegna è volta a creare una continuità tra il pubblico e la scena, perché lo spettacolo non finisce con l’abbandono del palco da parte degli attori, ma continua e la scena stessa diventa proposta di riflessione.

Questo spettacolo ricalca la tematica dell’archeologia industriale,

Parole e racconto
Movimenti e forme di corpi che si intrecciano, si bloccano, si ripetono, occupano lo spazio, colorano…
Accompagnamento musicale ad opera di un’orchestra presente in sala.
L’abitare e il luogo come parte integrante della identità umana, concetto ripetuto come un mantra nella fase iniziale della prima scena e le figure corporali cominciano a muoversi creando la struttura, i ricordi, il movimento della macchina.
Il corpo e la danza hanno tutti i colori e l’attività, le voci narranti invece sono macchie nere, qualcosa che si è spento, qualcosa di nascosto che sta ritornando alla luce, ombre di ricordo.
La fabbrica è come un essere vivente, un ventre di attività.
Sorge la domanda nei confronti della sua bellezza, che non risponde alle sensazioni e ai canoni standard, come se si vedesse un quadro. Una bellezza che si percepisce soggettivamente, sul luogo di lavoro, sulla complicità tra l’individuo e la propria macchina con la quale entra in contatto con la grande fabbrica.
Si realizza altresì di esser soli al suo interno, non può esserci compagnia e ci si isola ascoltandola, creando un rapporto con essa di natura individuale e ripristinando i ricordi del passato attivo.
Nella fabbrica il tempo è sacro, è differente, è il tempo dei pezzi; la ragione viene dopo e appena usciti tutti corrono cercando di recuperare gli attimi di libertà prima di rientrare.
Quasi come un luogo di culto.
Ora abbandonata e malinconia regna.
Quante memorie e saperi dissipati, trasferimenti, cambiamenti, storie che sfocano nella vegetazione sempre più ingorda di metallo e cemento.

A seguito della rappresentazione si è svolto un intervento ad opera del prof. Silvano Petrosino che ha sottolineato soprattutto il come siano stati ridimensionati i concetti di lavoro e di lavoro come argomento di cui parlare.
Secondo Petrosino non si parla più di lavoro nel vero senso del termine e questo è rischioso perché si propende sempre più verso la completa astrazione dello stesso.E’ un processo che può avvenire per idealizzazione, oppure per svuotamento totale a favore del consumo.
L’idealizzazione si rifà al concetto biblico della coltivazione e della custodia che dovrebbero osservare Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden. Il lavoro quindi non deve essere visto come dannazione, ma come partecipazione dell’essere umano alla creazione e all’evoluzione.
La fatica e il sacrificio non sono obiezioni alla realizzazione dell’uomo.
Il secondo modo che tende all’astrazione è l’idolatria del consumo, poiché le persone non sono più prese in considerazione per ciò che fanno o ciò che sono, ma per quanto e cosa consumano.
Il consumo così spietato e ridicolo rimanda all’alienazione discussa da Marx, mentre il lavoro viene spogliato e ridotto al mero guadagno di denaro.
Viene proposto un godimento senza soddisfazione, il promise benefit di tutti i prodotti e ciò che cercano di rifilarci è proprio questo vuoto godimento.

Direzione Artistica e Drammaturgia
Gaetano Oliva
Riflessione filosofica
Silvano Petrosino

Movimento Espressivo
Lisa Amelotti, Elena Berloso, Valentina Colombo,
Mabel Giraldo, Orietta Huaman, Antonella Mocciaro,
Giorgia Monfasani, Rossella Pezzuti, Gian
Paolo Pirato, Valentina Policastrese, Stella Sara
Sartor, Maria Chiara Tombesi,

Voci
Laura Cerati, Omar Gallazzi, Roberta Giuffrida,
Annalisa Maso, Marco Miglionico, Elisabetta Pignotti,
Renato Radaelli, Claudio Zaupa

Musiche
Marco Bertona

PDF di presentazione