Le ragioni di un viaggio a Chernobyl [21-27 Maggio 2011]

L’immaginario popolare costruitosi da informazioni provenienti dai più comuni mezzi di (dis)informazione si è arricchito di contenuti che appartengono al dominio delle leggende popolari e, in età di securitismo sempre più esasperato, si è osservato un aumento della percezione di continue minacce alla propria incolumità, sia che derivino dall’azione umana che da forze naturali.

La radioattività è uno degli spettri dei nostri tempi, lo è da Hiroshima, lo è dalla guerra fredda e dagli incidenti nucleari.

Non essendo questo un sito web di denuncia o di contenuto politico, l’attenzione data a quanto successe a Chernobyl e alle conseguenze attuali deriva da una volontà di chiarire a me stesso alcuni interrogativi: quali sono le conseguenze di un incidente nucleare, cosa rimane oggi in quei luoghi che sono stati isolati per 26 anni dal resto del mondo da una cintura di sicurezza, che ha reso Pripyat una città morta, e Chernobyl una città che solo a pronunciarne il nome evoca scenari inquietanti.

Reattori 1\2\3\4 visti da un palazzo a Pripyat

Nel territorio circostante Chernobyl da alcuni anni si è incrementato un turismo di nicchia, che spinge alcune migliaia di persone l’anno a visitare l’area che, in seguito all’incidente del 26 Aprile 1986, fu dichiarata “Zona di esclusione o  Zona di alienazione”, ovvero un raggio di circa 30 chilometri con centro nell’impianto nucleare.

Sull’immagine di Chernobyl grava  un peso dovuto alla contaminazione al tempo subita.  Pur avendo constatato che i livelli di radioattività in questa città sono spesso poco sopra  la  nostra soglia di normalità, e quindi non certo da destare  preoccupazione  sulla breve permanenza,  diverso è considerare l’incidenza sulla salute di coloro che vi dovessero soggiornare per periodi molto lunghi, per motivi di lavoro o di sorveglianza. Ma ciò deriva anche dalla confusione tra Chernobyl e Pripyat,  la città più vicina ai reattori, o in altri numerosi villaggi dove la situazione appare ben diversa, per non dire  critica nei casi di evidente contaminazione ancora  presente.

In tratteggio la zona di esclusione di 30km stabilita in origine. In rosso il perimetro attuale.

La lettura di questo articolo potrebbe indurre il desiderio di usufruire delle opportunità di visita offerte da agenzie presenti anche in Internet, le quali con una cifra variabile da poche a diverse centinaia di Euro, a seconda del numero dei costituenti il gruppo, danno la possibilità di recarsi in alcune aree, inclusa la città di Pripyat.

E’ necessario sottolineare che le modalità con cui si conducono queste visite potrebbero soddisfare il turista semplicemente curioso, dato che i margini di libertà sono estremamente limitati. Un tipico pacchetto di viaggio di questo tipo permette di pernottare a Kiev, e trascorrere la maggior parte dei due giorni nell’autobus che conduce prima a Chernobyl, e quindi a Pripyat e nel piazzale antistante l’ingresso del reattore numero 4, all’origine dell’incidente accaduto.

Un autobus di passaggio nel piazzale del reattore #4

Quanto si documenta in questo blog, o si visualizzerà all’interno del sito Derelicta.net, è stato possibile con permessi ufficiali, concessi dall’Autorità che supervisiona la zona di esclusione, ma soprattutto dalla fiducia ottenuta dalle guide che hanno accompagnato il tour di quattro giorni.

Nella zona di esclusione infatti la libertà di movimento è soggetta a specifici vincoli. Sia la guida che l’autista sono autorizzati a condurre i gruppi di visitatori nell’area. Questo fa aumentare ulteriormente i costi, i quali sono anche gravati da una sorta di speculazione o più semplicemente dalle regole del mercato, che sono le medesime valide nel mondo occidentale, con la variante introdotta dalla natura stessa dell’Ucraina, un paese che rimane un crocevia di stile occidentale, residui culturali dell’impero sovietico e crisi conseguenti alla sua sparizione.

Malgrado i vantaggi offerti dai permessi e fiducia ottenuti non è stato possibile visitare ogni luogo di interesse, ma ciò è stato limitato a poche siti , come il deposito di veicoli contaminati da radiazioni, oppure i reattori dismessi 1\2\3, e tanto meno il reattore 4, in quanto anche nel piazzale antistante l’ingresso l’incremento di radioattività è tale da non renderlo praticabile all’interno per ragioni sanitarie e di sicurezza.

17.78 uS/h misurati nel piazzale antistante al reattore  4

Tornando agli interrogativi inizialmente posti le conseguenze di questo incidente nucleare, a ventisei anni di distanza, sono di diversi livelli di gravità. Il pericolo deriva soprattutto dalla mancata gestione per carenza di mezzi, e di cultura della sicurezza, che ha portato ad una dispersione incontrollata di materiali presenti nell’area.

La situazione di emergenza al momento dell’incidente ha avuto come conseguenza la rimozione di terreno e di strutture, edifici, i quali sono stati anche seppelliti nella zona, e ciò rende ancor più variabile l’identificazione di punti più o meno pericolosi, se non attraverso un continuo monitoraggio dei livelli di radioattività, muovendosi all’interno della zona.

Inoltre la continua sottrazione nel corso degli anni di materiale contaminato, sia metallo che oggetti destinati ad uso privato o per la vendita in mercatini, ha avuto come conseguenza una contaminazione che è impossibile da quantificare e localizzare.

A dimostrazione che gli interventi di messa in sicurezza hanno avuto una parziale efficacia si possono indicare i valori misurati, accettabili per brevi soggiorni nella città di Pripyat, che in situazioni particolari raggiungono livelli di 3\4 microSievert}\ora, rispetto al dato normale inferiore a 0,5 per la radioattività ambientale in Italia (media su 3,3 milliSievert\anno), in alcune aree anche superiore. Per confronto al cimitero di Pripyat, dove l’opera di rimozione del terreno non è stata possibile per evitare di distruggerlo, i valori raggiungono 40 microSievert\ora, un dato non critico per soste molto brevi ma certamente da non trascurare (non approvo l’idea di misurare la radioattività come nella foto, ma  l’apparecchio non era in mio possesso).

35.28 uS/h misurati nel terreno del cimitero di Pripyat

A posteriori, di fronte alle impressioni, sensazioni, esperienze vissute, oltre al materiale audio e video ricavato dalla permanenza, un nuovo interrogativo si pone: perché interessarsi ancora a Chernobyl. Trovo una duplice risposta. La vicenda di Chernobyl è un episodio che si inserisce in molti aspetti della vita umana, ed investe tra i principali quelli sanitari, ambientali, economici, umanitari, e quindi si carica di significati che superano ampiamente per dimensione ed importanza quelli di altri luoghi che sono l’oggetto della mia ricerca e frequentazione, ovvero luoghi destinati ad un inesorabile decadimento e scomparsa. Continuando a documentarmi scopro che  quell’episodio ha conseguenze spesso taciute.

Ma una risposta nuova nasce dall’esito dell’esperienza stessa, condivisa con altre persone, ovvero che quattro intensi giorni trascorsi in quei luoghi hanno determinato una tale mole di impressioni e visioni che è come se si fossero fissate nell’immaginario che pone altre domande, e chiede di poter andare più a fondo.

Si impone quindi un ritorno da effettuarsi in data da stabilire, date le difficoltà organizzative ed economiche per viaggi di questa natura.

Il risultato di questo viaggio si rifletterà in articoli nel blog, per raccontare le diverse esperienze personali,  e con le necessarie informazioni a supporto all’interno del sito web.