L’autunno a Chernobyl – #1: premessa e partenza a ostacoli.

Tempo fa scrissi “Chernobyl, le ragioni di un viaggio”. Quindi perchè un ritorno?
Diversamente da ogni altro luogo in abbandono tra i tanti visitati questo è il più denso di significati, di infinite storie, personali o collettive.
Dal precedente viaggio ho rielaborato i vari frammenti raccolti ed accumulati dentro me stesso, l’opera di documentazione è continuata nei mesi.

Ci sono due principali ragioni che mi riportano in quelle terre: l’approfondimento di quanto documentato frettolosamente nel primo viaggio e nuovi stimoli, derivanti dall’approssimarsi della stagione fredda. Con l’arrivo dell’autunno l’immaginario dell’abbandono si tinge di grigio, di nebbia, di brina,  si adagia su tappeti di foglie cadute, mentre lo zero termico si fissa nella pelle. La fotografia entra in sintonia con i luoghi, e la luce, suo principale nutrimento, si spalma sul paesaggio nei suo vari gradi di contrasto, senza gli eccessi delle calde stagioni.

Un diario non permette anticipazioni, l’incertezza che permea questi viaggi rende ancor più vana ogni descrizione a priori.
Erano previsti eventi fuori programma, ovvero diversi da ciò che spesso si mostra di Chernobyl e Pripyat come attrattive turistiche, e come ampiamente dimostrato nel tour di primavera.

I viaggi però per essere tali non iniziano col suono di una sveglia, ma lontano, nell’immaginazione e nelle aspettative, nella necessaria almeno minima pianificazione. Ecco la ragione di questo primo articolo, scevro da  presenze radioattive  e solo apparentemente  privo di fascino.

4:45 di venerdì 18 Novembre 2011, udendo squilli che mi facevano uscire in meno di un minuto dal letto, dopo quattro ore abbondanti di sonno. Il taxi era atteso per le 5:20, ed arrivò puntuale.

Diciassette minuti separano casa mia dall’aeroporto di Linate. Lasciato il taxi entrai in aeroporto, già reso vivo da un discreto movimento di viaggiatori.
Scorrendo i monitor delle partenze il nome della capitale austriaca, il mio scalo, non era presente. Avanti e indietro in preda alle prime indecisioni poi una richiesta al primo incontro casuale di operatori di volo: “Scusate, sapete dov’è il banco dell’Austrian Airlines? Fu un attimo congelato sapere che Austrian non operava più da Linate da alcune settimane.
Per dirla breve, una gentile operatrice di Lufthansa mi aiutò a far luce sul problema, ma si rivelò impossibile trovare soluzioni alternative. Il volo era stato spostato su Malpensa ma chi mi aveva venduto il biglietto, il sito web Volagratis \ Bravofly, aveva comunicato variazioni d’orario ma non di aeroporto, comprovate da una mia email esibita.

Ringraziando per la gentilezza mostrata non restò che spendere altro inutile denaro per il taxi, e ritornare provvisoriamente deluso da questo inatteso cambio di programma.
Il viaggio cominciava ad assumere toni grigi. Soluzioni telefoniche a quell’ora non erano possibili.
Il servizio dal nome pomposo di Bravofly, Top Flex, peraltro pagato una ventina euro servì solo per contattare un operatore proveniente dall’altro capo del mondo, che si limitò a sostenere le loro ragioni, lasciandomi solo con il mio problema. E mancavano ormai i tempi tecnici per annullare il volo per ottenere un rimborso. Servizio pessimo. Che fare?
Alle 8:00 una puntualissima operatrice dall’accento cinese di Austrian Airlines, più intraprendente, mi comunicò le alternative, ed il cambio fu immediato e semplice: partenza da Malpensa alle 17:45. Un servizio eccellente. Austria batte Italia dieci a zero.

E si ripartì nuovamente da Milano, Stazione Centrale,  dove  mi avrebbe atteso il Malpensa Express.

E fino a Malpensa nel pomeriggio tutto funzionò, fino ad un imprevisto. Preso posto sull’aereo questo non si mosse che alle 18:30, rendendo più fosche le  previsioni della mancata coincidenza a Vienna. I due voli erano infatti separati da programma da soli 55 minuti. L’ultimo dei voli per  Kiev garantiva  però una tranquillità tombale, osservando l’esiguo numero dei passeggeri a bordo.

All’arrivo a Vienna l’orologio segnava le 20:00, il tabellone delle partenze alla voce Kiev riportava “20:15 – now boarding”. Al terminal dei voli extra UE, distante diverse centinaia di metri, c’è un controllo security da superare e un controllo passaporti. Apparentemente era un’impresa impossibile. Iniziò una corsa contro il tempo per giungere ansimante, dopo ogni passaggio obbligato, al gate. Una orientale sorridente mi disse che stavano aspettando me, in realtà anche altri ritardatari. Pollice su di nuovo per Austrian Airlines che malgrado i contrattempi ha saputo confermare un luogo comune, secondo il quale i teutonici sono  affidabili, ed i sub alpini degni di patacche di bronzo.

Su un aereo di Ukranian Airlines il viaggio continuò, con pasto frugale, atterrando un poco in ritardo.

A Kiev l’atteggiamento del personale di controllo dei passaporti conserva ancora quello sguardo fisso e sospettoso ereditato dai soviet, ma sta sbiadendosi come un vecchio soprabito nell’armadio della nonna. Procedure celeri mi portarono al recupero bagagli. La valigia stava ruotando nel punto esatto per finire nelle mie mani.

Fuori un giovane autista con un cartello recante il mio nome attendeva rigido come una statua di Lenin.

Poco prima di Mezzanotte del 18 Novembre 2011 questa prima corsa agli ostacoli si concluse nel migliore dei modi arrivando a destinazione. Dalla finestra osservavo la già familiare  Kiev, nella confortevole stanza del Rus Hotel. Il sonno mi aggredì poco dopo come  una bestia famelica e mi lasciai divorare.  Otto ore di sonno mi separavano da una nuova  dimensione.

p.s.: una successiva tarda ma efficace risposta del servizio clienti di Bravofly ha accolto il mio reclamo, accreditandomi un rimborso per le noie subite di 60€ da impiegare nella prenotazione di un prossimo volo. (Grazie)

Segue: #2: le barche nel ghiaccio e il buio della centrale 5\6