Seminario “Le opere sociali delle imprese e degli imprenditori tra Ottocento e Novecento” – Milano 17\18.02.11

Riprendo dopo molto tempo una giornata di presentazione di un tema  perfettamente  in linea con la fotografia presentata da Derelicta.net.

Il seminario si tenne a Milano nel Febbraio 2011, in due diverse sedi, la sede  universitaria in Bicocca e la Fondazione Pirelli, con la collaborazione della Fondazione ISEC.

Organizzato presso una facoltà di Economia aveva come tema  prevalente  il welfare aziendale, ripreso nei diversi interventi che hanno presentato realtà storiche di varie provincie italiane, le  più significative  per  la cultura industriale dell’Italia dell’Otto e Novecento. Di seguito si riassumono brevemente  i contenuti degli interventi.

Nel pomeriggio del 17 Febbraio,  arrivai in ritardo a causa  dell’annuncio nell’ultime ore  di questo seminario.  In tempo sufficiente per  l’esposizione di David Celetti, relativa alle realtà sociali del Veneto soprattutto tessili.

A seguire  Marco Doria ha illustrato l’esperienza genovese, una realtà dove l’opera sociale si è sviluppata a partire da  lasciti, pensioni, sia da parte di imprenditori a base locale, poi di dimensioni più estese con Ansaldo. In queste forme  di assistenza  va considerato che  le colonie, o il dopolavoro,  più che welfare furono per il fascismo un veicolo propagandistico. Successivamente  con Cornigliano, Ilva e poi Italsider ci si avviò verso opere sociali con la compenetrazione degli interventi assistenziali dello Stato.

Augusto Ciuffetti dalle Marche  ha  portato esempi di realtà con un diverso sviluppo industriale per  l’Italia centrale, di diversa  intensità rispetto a quello settentrionale. Il ritardo permise  comunque forme di paternalismo, citando Larderello in Toscana del 1835, mentre casi più significativi sono stati rappresentati da Piombino, o nel settore  minerario con la Montecatini. E fu un altro caso dall’estero a determinare  lo sviluppo di forme assitenziali aziendali, per  opera di Ernest Solvay, culminato nel villaggio di Rosignano del 1919. Con alcuni esempi si illustrò anche il caso della Montecatini.

Giulio Mellinato si spinge oltre  su base temporale, risalendo agli Asburgo per presentare  la realtà della Venezia Giulia partendo dalla metà del 19° Secolo nella quale, fino  all’arrivo del fascismo, si intrapresero opere che riuscirono a superare e rendere  più mature tali forme di assistenza rispetto al puro paternalismo.

A chiudere  il primo incontro l’intervento di Silvia Conca illustrò le realtà locali in cui agirono di imprenditori del settore cotoniero, tra i quali Ottolini, Crespi, Turati, Ponti, Cantoni. Opere  per  fidelizzare  i lavoratori, venendosi anche a creare  una concorrenza  per  i diversi vantaggi ottenuti lavorando per l’una o l’altra realtà industriale. Opere sociali che poterono soddisfare  necessità sia  filantopico – religiose, che  di guadagno, gli spacci infatti potevano generare  reddito.

La mattinata del 18 febbraio si continuarono gli interventi presso la Fondazione Pirelli, con un video di presentazione della Fondazione stessa.

Giampiero Fumi introdusse  il tema delle scuole aziendali, nel caso specifico lombardo, le quali si fecero carico inizialmente della formazione professionale delle maestranze o per  l’avviamento al lavoro, che ebbero un ruolo primario almeno fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Luigi Trezzi entrò invece nel merito del ruolo degli operai e del sindacato nell’accettazione delle opere sociali, e quindi anche  con episodi di contrattazione e partecipazione.

Con Ezio Ritrovato la descrizione dei casi di forme di assistenza si sposta al sud, nel settore tessile  pugliese  dell’Otto e Novecento, con imprenditori come De Bellis  e Costantino e le loro opere di intervento nelle comunità locali.

Valerio Varini analizzò il caso della Pirelli, dagli interventi del 19° secolo per spingere  ad una identificazione del lavoratore con l’impresa, e con la creazione della Cassa di Mutuo Soccorso. Dagli anni Trenta si sviluppò particolarmente anche il dopolavoro. Varini ha portato  molti indicatori numerici a supporto della propria presentazione.

Nicola Martinelli  si occupò del caso Alfa Romeo, nella seconda metà del Novecento. Non propriamente definibile un opera sociale, piuttosto fondi di solidarietà, ed una Fondazione che  mantennne  un clima di autonomia e differenza  anche dalla successiva  dirigenza  Fiat, che  portò col tempo la Fondazione ad essere alimentata  solo da contributi dei soci.

Paolo Raspadori analizzò  una altro caso locale significativo, ovvero l’acciaeria di Terni, portando anch’esso diversi numeri a supporto. Dall’analisi si evidenzia una  diversa gestione delle forme di assistenza  al variare dell’amministrazione, quindi identificando le  stesse opere  con l’azienda ma  in realtà derivanti dalla dirigenza.

Alberto De Cristofaro presentò  le evidenze archivistiche delle opere sociali, prendendo esempi dagli archivi della Falck, Breda, Ercole Marelli, Magneti Marelli.

In chiusura un interessante contributo diversamente  orientato da parte di Giovanni Luigi Fontana, il quale oltre ai temi del paternalismo, la creazione di consenso, illustrò la propria partecipazione ad un progetto con Cariparma e Università per  lo studio delle Comapny Towns in Italia e nel mondo, citando casi facenti parte di questo studio, da Cuba, la Nordafrica, Chicago e Catalogna.

Fondazione Pirelli

Fondazione ISEC